Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere. Quali i rischi? Cosa dice il Garante della privacy? E la giurisprudenza?

Nel caso un lavoratore rifiuta di vaccinarsi contro il Covid-19 a quali rischi va incontro?

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: In Italia mentre per gli esercenti professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario vige, come stabilito dall’art. 4 del D.l. 44/2021 (convertito in legge il 28.05.2021 – L. 76/2021), l’obbligo di vaccinazione, alcuna previsione normativa specifica è prevista per le altre categorie dei lavoratori.

La prima questione oggetto di verifica per prendere consapevolezza dell’impatto della scelta di non vaccinarsi sul proprio lavoro è quella di sapere se il datore di lavoro possa acquisire o meno il dato relativo alla vaccinazione di un dipendente, tenendo a mente che:

  • il Governo con il D.l. n. 105 del 23.07.21, oltre ad aver prorogato lo stato emergenziale al 31.12.2021, promuove, fatta salva la libertà di non vaccinarsi, l’utilizzo del c.d. “green pass” per svolgere o accedere ad una serie di attività o ambiti;
  • Confindustria, con una nota interna del 16.07.2021, aveva proposto, al fine di tutelare tutti i lavoratori e lo svolgimento dei processi produttivi nel pieno rispetto delle libertà individuali, l’estensione dell’utilizzo dei c.d. “green pass” per accedere ai contesti aziendali/lavoristici.

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere

Cosa dice il Garante della privacy?

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere. Quali i rischi? Cosa dice il Garante della privacy? E la giurisprudenza?
Nel caso un lavoratore rifiuta di vaccinarsi contro il Covid-19 a quali rischi va incontro?

Il Garante della privacy – a tal proposito – ha assunto, con le FAQ pubblicate in data 17 febbraio 2021, una posizione contraria, chiarendo che il datore di lavoro non può acquisire, nemmeno con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o copia delle certificazioni vaccinali e ciò nonostante gli oneri di cui è gravato. Il datore di lavoro può acquisire, in base al quadro normativo vigente, precisa il Garante, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente che svolge funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo.

Tuttavia, è doveroso chiarire che il provvedimento del Garante, anche in virtù del fatto che si tratta di semplici FAQ pubblicate sul sito istituzionale, non vincolerebbe il Giudice del Lavoro che è – si badi – legittimato persino a disapplicare un provvedimento formale del Garante. Fermo restando, da un lato, il rischio concreto che il datore di lavoro venga sanzionato dal Garante stesso ai sensi dell’art. 83 GDPR (Reg. CE 27 aprile 2016, n. 2016/679/UE) e, dall’altro, il diritto ad impugnare del datore di lavoro.

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere

Come si pone la posizione assunta dal Garante della privacy con le norme previste dallo Statuto dei lavoratori, della norma del codice civile posta in capo al datore di lavoro per la tutela delle condizioni di lavoro e del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati)?

La posizione assunta dal Garante, a tal proposito, non sembra considerare adeguatamente la specificità del rapporto di lavoro, e della sua peculiare disciplina, a partire dall’obbligo posto in capo al datore di lavoro – ai sensi dell’art. 2087 c.c. – di porre in essere tutte le misure idonee a garantire la sicurezza e l’integrità psico-fisica di tutti i lavoratori, fragili e no vax compresi, all’interno dei luoghi di lavoro. Ma vi è di più. Se è vero che – ai sensi dell’art. 15 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300 del 1970) non sono consentite discriminazioni in ragione delle convinzioni personali del lavoratore, in applicazione dell’art. 8 (L. n. 300 del 1970) il datore di lavoro può – si rilevi – legittimamente acquisire dal lavoratore tutte le informazioni dotate di rilevanza ai fini dell’esecuzione del contratto di lavoro in quanto rilevanti «ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore».

Tale rilevanza contrattuale deve estendersi (anche) al dato relativo alla vaccinazione, laddove lo stesso è da considerare un dato rilevante ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. Ciò nel senso che quel dato è essenziale per il proficuo, e sicuro, inserimento della prestazione lavorativa nell’ambito dell’organizzazione aziendale.

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere. Cosa dice la Cassazione?

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere. Quali i rischi? Cosa dice il Garante della privacy? E la giurisprudenza?
Nel caso un lavoratore rifiuta di vaccinarsi contro il Covid-19 a quali rischi va incontro?

Secondo la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione «sono ammissibili tutte le indagini, anche su fatti privati e qualità personali, utili ad accertare la competenza, la preparazione e la compatibilità con il facere affidato» (Cass. civ. n. 2683 del 1990, in dottrina si v. PERRONE, Trattato Rescigno; DE CRISTOFARO, Riv. it. dir. lav., 1983; SCIARRA, Comm. Giugni, 1988).

Infine, occorre considerare che il dato attinente alla vaccinazione potrebbe costituire, ai sensi dell’art. 9, co.2, lett. b) del GDPR (Reg. CE 27 aprile 2016 n. 2016/679/UE – Regolamento generale sulla protezione dei dati), un «dato relativo alla salute» (definito dall’art. 4 del GDPR come dato personale «attinente alla salute fisica o mentale di una persona fisica») e potrebbe essere lecitamente trattato, tra le altre ipotesi, qualora il trattamento sia necessario «per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare del trattamento o dell’interessato in materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale e protezione sociale, e nella misura in cui sia autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri o da un contratto collettivo ai sensi del diritto degli stati membri».

Vieppiù, non è secondario ricordare che l’art. 29-bis D.l. n. 23 del 2020 prevede che, ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei protocolli condivisi.

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere. Quali sono, al riguardo, le posizioni assunte dalla giurisprudenza?

Chiarita la possibilità, per il datore di lavoro, di accedere al dato relativo alla vaccinazione occorre, per fornire un’adeguata risposta al quesito posto circa i rischi cui va incontro il lavoratore che non intenda vaccinarsi, soffermare l’attenzione sui recenti approdi giurisprudenziali.

Orbene, nel panorama giudiziario italiano, si fanno largo – progressivamente – pronunce di merito che confermano la possibilità per il datore di lavoro di allontanare i lavoratori non vaccinati, con contestuale blocco della busta paga, in forza dell’art. 2087 c.c..

Il Tribunale di Belluno con ordinanza del 19 marzo 2021 – emessa prima dell’introduzione dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario ai sensi dell’art. 4 D.l. 44/2021 (conv. in L. 76/2021)– e, successivamente, il Tribunale di Verona, con sentenza del 24 maggio 2021, n. 446 e del 16 giugno 2021, n. 626, hanno ritenuto legittima l’adozione da parte del datore di lavoro di misure «consequenziali» quali la collazione in ferie forzate e l’aspettativa non retribuita come conseguenza del rifiuto a vaccinarsi dell’operatore sanitario le cui prestazioni lavorative prevedono mansioni di contatto con il pubblico o l’utenza.

Si segnala, altresì, che il Tribunale di Modena, con ordinanza del 19 maggio 2021, sulla base di analoghe motivazioni, ha ritenuto legittima la sospensione dalla prestazione di lavoro di una dipendente di una RSA in seguito al suo rifiuto di sottoporsi al vaccino contro il Covid-19.

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere.

Da ultimo, occorre sottolineare che sempre il Tribunale di Modena, con la recentissima ordinanza n. 2647 del 23 luglio 2021 fa il punto sui diritti contrapposti in tempo di pandemia (prorogata dal Governo si rilevi al 31.12.2021).

Nell’ordinanza citata il giudice sottolinea come «Il datore di lavoro si pone come garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all’interno dei locali aziendali e ha quindi l’obbligo ai sensi dell’art. 2087 c.c. di adottare tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori».

Il Tribunale ricorda, altresì, come la direttiva UE 2020/739 del 3 giugno 2020 abbia incluso il Covid-19 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione anche negli ambienti di lavoro.

Il Tribunale sottolinea che tra i doveri di protezione e sicurezza sui luoghi di lavoro, dettati dal Dlgs 81/2008 rientra quello di tutelare i lavoratori da agenti di rischio esterni ed il diritto alla libertà di autodeterminazione del lavoratore, in ordine alla vaccinazione, deve essere bilanciato con altri diritti di rilievo costituzionale come la salute dei clienti, degli altri dipendenti e il principio di libera iniziativa economica fissato dall’art. 41 della Costituzione.

Quindi?

Se il datore di lavoro non dispone di mansioni che non prevedano contatti con l’utenza può decidere di sospendere chi non voglia vaccinarsi, salvo i casi di rifiuto giustificato da ragioni sanitarie, considerato, tra l’altro, che il legislatore con l’art. 42, comma 2, D.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. in L. 24 aprile 2020 n. 27, ha qualificato l’infezione da coronavirus, in occasione di lavoro, come infortunio sul lavoro.

Resta inteso che nel caso di rifiuto ingiustificato di vaccinarsi devono essere privilegiate le c.d. misure conservative considerando il licenziamento quale extrema ratio.

Lavoratori non vaccinati e posto di lavoro: cosa sapere ultima modifica: 2021-07-29T06:45:29+01:00 da Giovanni Solito

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